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Una sfogliatella alla corte di re Ferdinando

Qualche giorno fa vi abbiamo raccontato la “dolce” storia della sfogliatella e di come questa prelibatezza, dal convento di Santa Rosa situato in costiera amalfitana, giunse e si diffuse a Napoli grazie all’intuizione di Pasquale Pintauro.
Oggi vi riveliamo un’altra curiosità legata a questo ripieno di semola, ricotta, uova, zucchero e canditi a pezzetti, stretto in una sfoglia croccante.

 

Una “dolce” strategia diplomatica

Appena giunta a Napoli, il suo cuore delicato e morbido non solo conquistò ben presto i cuori (e le gole) del “popolino” del regno, ma anche le bocche della nobiltà partenopea. Si dice, infatti, che quando re Ferdinando assaggiò la sfogliatella per la prima volta, rimase talmente inebriato dal suo aroma e dal suo sapore, da affermare che quella delizia gli avrebbe spalancato le porte di tutte le Corti d’Europa: quante teste coronate avrebbero resistito a quella gustosa tentazione? Quante alleanze strategiche si sarebbero potute realizzare grazie a quel godimento del palato?
Per realizzare questo progetto, però, il re avrebbe dovuto portare con sé le sfogliatelle, ma proprio in virtù di ciò dovette rinunciarvi a causa di un vincolo imprescindibile: per gustarne a pieno fragranza e aroma, e sfruttarne così il loro “potere ammaliante”, le sfogliatelle andavano mangiate calde e croccanti! Un imperativo impossibile da realizzare per Sua Maestà essendo le suore di Santa Rosa di clausura.

 

Riccia o sfoglia? Un vecchio dilemma!

Ancora oggi il popolo dei golosi si divide in due “correnti di palato”: i sostenitori della sfogliatella riccia e quelli della frolla.

La riccia, realizzata con fitti e croccanti strati di pasta sfoglia che custodiscono il cuore caldo e appassionato del ripieno che amalgama ingredienti e aromi della tradizione dolciaria napoletana, tra le due, è certamente la più particolare, la più estrosa e la più provocante.
La frolla, invece, appena “sbriciolosa”, è per così dire meno capricciosa, più sincera e meno civettuola.
La frolla si mangia in un due bocconi, la riccia richiede un “corteggiamento” e una dedizione maggiori.
Un dilemma, quello tra riccia e frolla, che i più golosi risolvono senza perdersi d’animo gustandole entrambe!
Dolce dilemma, quest’ultimo, raccontato da una simpatica filastrocca:

 

So’ doje sore: ‘a riccia e a frolla.

Miez’a strada, fann’a folla.

Chella riccia è chiù sciarmante:

veste d’oro, ed è croccante,

caura, doce e profumata.

L’ata, ‘a frolla, è na pupata.

E’ chiù tonna, e chiù modesta,

ma si’ a guarde, è già na festa!

Quann’e ncontre ncopp’o corso

t’e vulesse magnà a muorze.

E sti ssore accussì belle

sai chi so’? So’ ‘e sfugliatelle!

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