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La pastiera: l’origine di un mito tutto Napoletano

La pastiera napoletana si trova al centro di storie, più o meno vere, e leggende; la sua origine appare, ancora oggi, un po’ nebulosa.

E’ l’incrocio perfetto tra la tradizione culinaria partenopea e la scuola pasticcera più canonica, unendo un popolo intorno al tavolo per assaggiarne il sapore, soprattutto durante le festività pasquali, e trasformandosi poi, di posto in posto, ovunque venga esportata.

Tra mito e realtà

La leggenda vuole che questo dolce tipico sia, in una qualche maniera, figlio del mare.

Il tutto avrebbe origini antiche, in una notte in cui le mogli dei pescatori lasciarono delle ceste con ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d’arancio in offerta “sacrificale” al mare, scongiurandolo di riportare i loro mariti sani e salvi a terra e poi, naturalmente, a casa. Di tutta risposta, durante la nottata, le onde avrebbero mescolato gli ingredienti, creando questa torta gustosissima, la Pastiera, che apparve così agli occhi delle donne il mattino seguente.

In realtà la trasfigurazione delle offerte votive è da identificarsi proprio con la ricotta dolce: in passato, infatti, era abitudine offrire latte e miele, con il grano come augurio di ricchezza e fecondità e le uova come simbolo di natività, anche nelle prime cerimonie cristiane. C’è quindi, nella leggenda, come spesso accade, un richiamo solido alla realtà.

Anche i fiori d’arancio avrebbero un significato metaforico ben preciso: starebbero ad indicare, infatti, la Primavera imminente.

Ci sono anche storie relativamente più “giovani”, ad ogni modo, intorno a questo dolce.

C’è chi sostiene che per la versione odierna dovremmo ringraziare un antico monastero napoletano, purtroppo rimasto ignoto, e chi torna con la mente ai Borboni ed, in particolare, a Ferdinando II e a sua moglie Maria Teresa D’Austria. Il racconto, che proviene da una poesiola in rima baciata, anch’essa, purtroppo, di autore ignoto, vorrebbe che la donna abbia ceduto alle insistenze del notoriamente goloso marito, assaggiando un pezzetto di Pastiera e rimanendo così estasiata dal gusto da lasciarsi scappare un bellissimo sorriso, in pubblico, per la prima volta! Le parole di Ferdinando II sono rimaste nella storia: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare un altro per vederla sorridere se non dirò al cuoco di farla più spesso!”.

A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
‘Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’Rre: e pur’ a Rigina”.
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”

A Napoli, insomma, sin dai tempi antichi, è sempre stato fondamentale ridere… avere un atteggiamento troppo serio è considerato quasi sconveniente e irriverente!

Ma da dove proviene questo gusto così “coccoloso” della Pastiera?
Sicuramente l’ingrediente che ne differenzia il sapore, tra Napoli e il resto del mondo, è la ricotta: troppo grano la fa diventare una normale torta della nonna, poca ricotta, in ogni caso, la condanna ad una consistenza diversa al palato, che invece è la qualità che la rende così speciale già al primo morso.

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