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Il Babà: il dolce napoletano dalle nobili origini

Il napoletano è una lingua tanto ricca e variegata quanto il popolo che l’ha creata.
Musicale e decoroso in tutte le sue manifestazioni, questo popolo è capace di rappresentare alla perfezione, con parole e gesti, ogni manifestazione nella realtà.
Perciò quando sentite dire da un napoletano “si nu’ babbà!”, siatene fieri! Anche se dipende dal contesto in cui questa affermazione viene usata… 🙂

Il Babà porta con sé una storia nobile

La maggior parte dei piatti del popolino napoletano sono degni di essere portati al cospetto di Re e Regine. Il Babà no, il Babà è il re, poiché da un Re è stato creato!

Stiamo parlando di Stanislao Leszczynski, Re della Polonia dal 1704 al 1735. Dopo essere stato detronizzato, in seguito ad una battaglia persa, gli fu assegnato il trono del Ducato di Lorena, Lituania, come “premio” per il suo operato.
In questa piccola cittadina, però, non c’era granché da fare e così l’ex sovrano, annoiato, iniziò a circondarsi di personaggi illustri dell’epoca, filosofi e scrittori, artisti e sociologi, che lo avvicinarono alle arti e alla cultura, portandolo a ipotizzare quella che noi, ancora oggi, riconosciamo come prima stesura del trattato UE.

Preso da questi numerosi e apprezzabili impegni, affidò ai suoi pasticceri, la realizzazione di dolci nuovi ma questi non erano molto inclini alla creatività, così almeno 3 volte a settimana gli proponevano il solito Kugelopf, dolce polacco, via di mezzo tra un panettone e una brioche. Il Re non riusciva proprio a sopportare già solo la vista di questo dolce, una pagnotta che risultava troppo secca e che rimaneva sempre attaccata al palato.
Ogni tanto, perso tra i pensieri del triste passato e le ansie di uno sconosciuto futuro, Stanislao si lasciava andare ai piaceri dell’alcol, anche per superare il freddo gelido di quelle zone, e nel suo costante bere e interfacciarsi con personaggi sempre nuovi, scoprì l’alcol perfetto a dargli vigore e forza: il Rum, un’acquavite derivante dalla canna da zucchero delle Antille.

Una sera che aveva bevuto troppo, necessitava di qualcosa che asciugasse la sua bocca, così chiese alla servitù un dolce. Inutile dirlo, gli portarono il solito Kugelopf e lui si arrabbiò al punto da scagliarlo letteralmente sul tavolino, dove colpì la bottiglia di rhum che gli si rovesciò sopra.
Avete presente quei casi impossibili, quei casi nella vita che avvengono soltanto una volta, se si è fortunati, e mai più? Ebbene quella sera fu uno di quei giorni speciali, in cui il re scoprì la cosa più buona che aveva mai assaggiato: il Babà! Nasce così un nuovo dolce, che diventerà nel tempo simbolo per la città di Napoli.

Il Babà – la sua preparazione

La parola babà è dolce e forte come il gusto e l’odore che porta con se. Il nome è una “dedica” ad Alì Babà, protagonista de “Le mille e una notte” racconto che il re polacco amava leggere ogni tanto.
Una parola così semplice ma che allo stesso tempo richiede una certa attenzione nel pronunciarla: si scrive senza doppie, si legge come se ne avesse. Ed è proprio così che risulta essere anche la sua preparazione.

In un equilibrio di sapori e praticità questo dolce richiede, però, nella sua preparazione, ben 3 lievitazioni ed un’estrema pazienza. Un equilibrio insomma, tra consistenza, lievitazione e cottura.
L’impasto viene lievitato 3 volte e poi sbattuto per renderlo più leggero e nella ricetta originale, prevedeva anche uvetta e zafferano, a ricordare un po’ i sapori della Turchia al quale il Re era particolarmente affezionato.

Anche la forma a funghetto ha derivazioni turche, poiché pensata in riferimento alla cupola di Santa Sofia, uno dei monumenti più importanti di Istanbul che simboleggia la Divina Sapienza.
Il Babà fu poi definito nella forma e nella ricetta, dai monsù, chef al servizio dei nobili napoletani dell’epoca. Ma si trasformò in vera e propria merce, nella pasticceria Stohrer di Parigi (esistente ancora oggi), che aveva legami parentali con il Re polacco, e che tradusse la ricetta in quella che conosciamo oggi. Eliminata l’uvetta e aggiunto il burro ed una spennellata di marmellata di albicocche (per non perdere la bagna), il babà è ora pronto per essere accompagnato con un ottimo Sidro del Sannio o con un Lambiccato, ma anche il Moscato di Saracena o di Trani son degni di nota.

Nella lingua napoletana, spesso le stesse parole assumono significati diversi in base al contesto in cui vengono inserite, al tono di voce con cui vengono pronunciate, o addirittura al gesto che le accompagna.
Dire “si nu’ babbà” o solo “nu’ babà” ad una persona, oggetto o situazione, è sinonimo di qualcosa di dolce, semplice, buono, meraviglioso. Si usa anche per esprimere gratitudine o per apprezzare qualità soddisfacenti. Insomma, “Babà” in tutte le sue declinazioni e sapori, ha un significato estremamente positivo per i napoletani.

La ricetta del Babà

La ricetta prevede i seguenti ingredienti (per 10 persone)

Per l’impasto
17 cl latte
1 cubetto di lievito di birra
70 g di zucchero
1 cucchiaini di sale
6 uova
450 g farina
150 g burro

Per la bagna al Rum
40 cl acqua
500 g zucchero
30 cl Rum di tipo alimentare

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