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Dolci della tradizione: gli struffoli

Il Natale è ormai alle porte e, per la strada, si vedono già le prime luci e i primi addobbi in tema, che riscaldano l’atmosfera anche nelle serate più fredde. Nelle vetrine dei pasticceri e dei bar, invece, cominciano a fare capolino i colori e i sapori tradizionali campani e, soprattutto, partenopei, tra mustacciuoli, raffiuoli, pasta di mandorle, susamielli, roccocò e gli immancabili, ed insostituibili, struffoli.

Quando il napoletano parla degli struffoli le sue labbra si inumidiscono e i suoi occhi si sgranano, in un effetto che è quasi simile a quello dell’innamoramento: è impossibile, infatti, resistere al loro gusto così particolare, tanto che, in molti, li preparano anche in abbondanza per poterli avere a disposizione più a lungo.

Ma di cosa si tratta?

Gli struffoli sono piccole palline di pasta dolce, fritte ed immerse nel miele, guarnite da confettini e, a scelta, se si desidera, da frutta candita.

La ricetta è molto antica ed alcuni la attribuiscono addirittura agli antichi Greci, che sarebbero i padri della loro introduzione originaria nell’antica Partenope: “strongoulos”, o “stroggulos“, infatti, in greco starebbe per “dalla forma tondeggiante”, anche se c’è una teoria alternativa che vorrebbe il termine discendere dalla parola “strofinare“, riprendendo la metodologia con cui si lavora la pasta per realizzarli.

La diffusione, nel succedersi dei secoli, nella nostra regione sarebbe da attribuire ai conventi napoletani, poichè qui, le suore, preparavano questi dolcetti speciali per offrirli, a Natale, alle famiglie nobili che avevano fatto offerte di carità per il sostentamento delle strutture religiose e della vita di chi le abitava.

Una prima ricetta scritta, simile a quella odierna, compare nel trattato di cucina, di fine XVII secolo, di Antonio Latini, sotto il nome di “strufoli o struffoli alla romana”. Una coincidenza strana se si considera che si tratta di una pietanza radicata soprattutto nel tessuto della tradizione del Sud Italia!

La ricetta, comunque, esiste in numerose varianti, ma sembrano essere tutti d’accordo su una cosa: quanto più gli struffoli sono piccoli tanto più risulteranno gustosi ed autentici; una ciambella formata da struffoli minuscoli, infatti, ospiterà più palline e quindi molto più miele, che si ritroverà ripartito su più superfici! Tutto, ovviamente, a beneficio del gusto.

Quello che distingue questo dolce da tutti gli altri è la sua particolarità più distintiva: le palline risultano croccanti fuori e morbide dentro, pronte a fondersi con la dolcezza del miele che, copioso, le avvolge, e con la “sorpresa” dei confetti, degli zuccherini e delle parline, aggiungendo la callosità dei canditi, per chi li apprezza.

Gli struffoli in Italia

Il culto degli struffoli si è diffuso un po’ ovunque, grazie ai napoletani, assumendo, nel tempo, nuovi nomi e nuove variazioni.

In Umbria e in Abruzzo si parla di cicerchiata, perché le palline hanno la forma dei legumi chiamati “cicerchie”.

Nella Tuscia, come viene chiamata la provincia di Viterbo, sono chiamati struffoli delle frittelle di pasta soffice, altrove definite “castagnole”, tipiche del loro Carnevale.

In Basilicata e Calabria, invece, si parla di cicerata, da “ceci”, cioè “ciceri”.

Ancora, in Sicilia, troviamo la “pignoccata “, o “pignolata”, un dolce in cui non ci sono palline ma bastoncini arrotondati, uniti tra loro, manco a dirlo, dal dolcissimo miele-collante.

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